Trascorrere le vacanze a Castelfeder significa immergersi nella natura, in un’oasi nel cuore della Bassa Atesina.

Come tutto è iniziato…

Storia

Dalla casa colonica all’ostello, fino all’odierna pensione

Nel 1939, quando mia nonna comprò questo immobile a Castelvetere, la struttura non era altro che una modesta casa colonica. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, i precedenti proprietari avevano deciso di emigrare in Austria. Mia nonna, originaria di Montagna, aveva da poco ereditato qualche soldo e, assieme al marito Rudolf e al figlio Christian, si risolse a tornare nel comune di origine. Già da alcuni anni viveva con il nonno e mio padre a Caldaro, ma continuava a sognare di potersi comprare una tenuta da quelle parti e di trasferirvisi con la famiglia.

Quella di mia nonna, per inciso, fu una vita piuttosto movimentata. Marianne Pfitscher, questo il suo nome, era nata a Montagna nel 1901: si rese conto sin da fanciulla che bisognava fare sacrifici, se si voleva ottenere qualcosa nella vita. Appena quindicenne, era andata da sola a Roma, a lavorare come bambinaia, e questa esperienza le diede la possibilità di imparare l’italiano.

Una volta tornata, lavorò per qualche tempo alle Poste di Bolzano, alloggiando nell’appartamento di suo zio. Negli anni successivi si prese cura anche di lui, promettendogli di continuare a farlo sino alla sua morte. Nel frattempo aveva conosciuto mio nonno, profugo tedesco dei Sudeti che aveva trovato lavoro a Caldaro.

Alla morte dello zio che aveva in cura, mia nonna sposò quel giovane e nel 1938 venne al mondo mio padre Christian. Già l’anno successivo la coppia rilevò la tenuta Castelfeder e fino al 1952 visse dei proventi dell’attività agricola. In quella casa colonica capitava occasionalmente di dare ospitalità a qualche viandante in viaggio dalle parti di Castelvetere.

Nel 1952 mio nonno morì e, da quel momento, la vita non fu tanto facile per mia nonna e mio padre, che qualche volta stentavano persino ad avere qualcosa da mettere sotto ai denti. Mio padre aveva iniziato a frequentare le superiori a Bolzano, dove lavorava anche come cameriere per racimolare qualche spicciolo. Il fine settimana gli capitava di servire escursionisti e alpinisti: a loro soleva raccontare di andare spesso a piedi con lo zaino fino ad Egna, per procurarsi qualche bottiglia di vino.

Un giorno arrivarono degli austriaci intenzionati a trovare in zona una struttura atta a favorire i contatti fra il Sudtirolo e il Paese di cui questo territorio aveva precedentemente fatto parte. L’idea che li animava era quella di trovare una casa che potesse accogliere a buon prezzo famiglie e funzionari regionali dell’Alta Austria per trascorrere qualche giorno nelle ex terre austriache. La cercarono un po’ ovunque in giro per la provincia; fecero valutare ben 11 immobili e optarono infine per Castelfeder. Fu stipulato un contratto e la giunta regionale dell’Alta Austria si impegnò a trasformare quella piccola casa colonica in una casa di villeggiatura, ad attrezzarla e arredarla, affidando a mia nonna l’incarico di accogliere e rifocillare i villeggianti austriaci. Si pensi che cucinò per loro un intero ventennio, sebbene già allora avesse quasi sessant’anni. Un impegno, quello preso, che era perfettamente in linea con il suo carattere di donna risoluta e impavida.

Era ormai il 1958 e iniziavano ad arrivare i primi gruppi dalla regione dell’Alta Austria; mia nonna assunse anche due ragazze di Montagna e continuò così a mantenere fede al suo impegno. Nel frattempo mio padre aveva terminato gli studi e aveva trovato un buon posto di lavoro in un ufficio di Bolzano, dove di lì a poco avrebbe conosciuto mia madre Vilma.

Mia nonna raccontava spesso della volta in cui mio padre portò a casa la futura consorte, “tutta apparecchiata e in ghingheri”. Del resto veniva da Laives, era figlia del sindaco di allora, aveva lo smalto sulle unghie e i capelli cotonati: non era proprio l’immagine di donna che mia nonna aveva in mente per succederle nella gestione della struttura.

Quando si rese conto che mio padre faceva sul serio e intendeva sposarla, la nonna fu perentoria e pretese che Vilma imparasse a fare i lavori di casa, altrimenti non avrebbe dato il suo assenso alle nozze. Negli anni Sessanta non c’era ancora, in tutto l’Alto Adige, una cosiddetta “scuola professionale femminile” e così mia madre dovette andare per un anno in Alta Austria dove in una scuola di economia domestica apprese tutto quello che c’era da sapere per il governo di una casa. Fu un periodo molto duro per i miei genitori, se si pensa che non c’era ancora l’autostrada a unire le due zone e che le occasioni di incontro era dunque molto rare.

Ma anche quell’anno passò in fretta e in quelli successivi mia madre lavorò al fianco della suocera. Negli anni Settanta mia nonna andò via via ritirandosi dall’attività, lasciando mia madre a gestire la struttura fino al 1995. Quell’anno scadeva l’ultimo contratto siglato con il governo dell’Alta Austria e non fu più rinnovato. In tutti gli anni di gestione della casa di villeggiatura erano stati ben 57.000 gli ospiti dell’Alta Austria che avevano alloggiato a Castelfeder. Al termine di quel periodo si rese necessaria una ristrutturazione completa dell’immobile e negli anni a seguire mio padre eseguì varie modifiche, realizzando un bagno in ogni stanza, una sala riunioni e anche una piscina all’aperto.

Oggi sono io a gestire la struttura in terza generazione. Ci tengo a sapere che gli ospiti si sentano a proprio agio, che ritrovino la tranquillità, che si godano la natura e il silenzio, dimenticandosi per il tempo che stanno qui gli affanni della vita quotidiana, e ritrovando magari se stessi.

Chi trascorre del tempo da queste parti ha l’occasione di sperimentare cosa voglia dire vivere senza stress. E un soggiorno diventa un toccasana, per il corpo e la mente!

Le camere ricordano le origini della casa: sono arredate con semplicità, ma nel frattempo sono tutte dotate di bagno, con doccia e servizi igienici. Sono prive di televisore ma dispongono di rete WLAN per la connessione a Internet. Gli esterni della pensione hanno visto l’aggiunta di due nuovi pergolati e del parco che, con i suoi scorci romantici, è perfetto per godersi la quiete e rilassarsi in mezzo al verde. Non sono poche le volte in cui, l’ultimo giorno di permanenza, vediamo gli ospiti trattenersi ancora un pochino lì fuori, dare un ultimo sguardo alla splendida cornice naturale che ci circonda, rattristarsi all’idea di dover ripartire. Da noi è noto come “effetto Castelfeder”.

Ma le delizie non sono solo per gli occhi. Anche in cucina abbiamo in serbo gradite sorprese. Non potrebbe del resto essere altrimenti, visto che cucinare è una delle mie passioni. E allora eccomi pronta a preparare anche piatti vegetariani e vegani o venire incontro con piacere alle esigenze degli ospiti che soffrono di allergie o intolleranze alimentari, perché anche loro abbiano da alzarsi da tavola davvero soddisfatti.

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